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Alla scoperta di un affascinante strumento della tradizione emiliana, con Pierfrancesco Pacoda

Tra spazio e tempo, in viaggio con l’Ocarina

È il giovane elfo Link, dalle fattezze umane, ma capace di dialogare con gli Dei, l’eroe che ha portato l’ocarina nel mondo fantastico e  avventuroso della saga The Legend of Zelda, e ha fatto conoscere lo strumento che ha avuto i suoi natali a Budrio a legioni di appassionati di videogames.

La sua ocarina, quella che nella storia in 3d lui deve imparare a suonare, ha poteri magici, può combattere gli spiriti maligni, nasconde un potere salvifico, che spesso la musica ha, insieme alla capacità di solcare il tempo e valicare le geografie. Di attraversare il globo e di far sentire la piccola cittadina emiliana al centro di una mappa straordinariamente rivolta a Oriente, partendo dalla Cina dove i suonatori sono più di 10 milioni, passando per la Corea, dove questo oggetto, inventato a metà 800 dall’artigiano Giuseppe Donati,  è stabilmente entrato nelle scuole dell’obbligo e ha sostituito il flauto e arrivando al Giappone dove una disposizione ministeriale ne suggerisce l’utilizzo terapeutico per favorire la socializzazione nei luoghi di ritrovo delle persone anziane. Donati ebbe l’idea di immaginare un flauto costruito interamente in terracotta, sfruttando la materia prima che nelle Terre emiliane abbondava, l’argilla.

Una storia straordinaria che torna adesso finalmente dove tutto è iniziato, Budrio, appunto, la “piccola Versailles italiana’” come è conosciuta per il bel sistema di ville patrizie che ne nobilita il territorio, che dall’10 al 14 aprile ospita Festival Internazionale dell’Ocarina, una occasione di incontro per musicisti di fama internazionale il cui suono dai frame del videogioco che ne ha dato rilevanza globale irromperà nella realtà. Con le ariose melodie una volta eseguite solo dai preziosi manufatti di terracotta e adesso affidate anche alla modernità seriale della plastica, necessaria per soddisfare le richieste dell’enorme mercato orientale, dove i musicisti locali del G.O.B., Il Gruppo Ocarinistico Budriese sono applauditi da platee riservate alle rock star. E dove fabbriche come la coreana Noble si avvalgono di un altissimo numero di operai per soddisfare le richieste. Mentre sono sempre di più, in quel paese (certo più che in Italia), i puristi che le creano ancora in legno e in terracotta.

I  teatri sempre affollati che ospitano i loro tour, la presenza nei programmi televisivi più seguiti, sono la dimostrazione che una via italiana alla world music è possibile e che le radici, i grandi giacimenti culturali popolari possono uscire da quel rimane della civiltà contadina e approdare nei luoghi della grande divulgazione. Spesso un videogioco ha più forza narrativa del lavoro, meritevole e necessario, di un etnomusicologo, il continuo viaggiare tra tradizione e contemporaneità può far superare alla dimensione museale (e anche da quella del folklore da cartolina) per renderla linguaggio di ogni giorno, addossandosi il “rischio culturale” delle modificazioni a cui l’esposizione la costringe inevitabilmente.

Così quella che una volta era la colonna sonora delle feste nelle aie, adesso si trasforma in sognante melodia new age, in ballata pop, in esercizio di stile elettronico, persino, oppure diventa suono verdiano, con il sapore profondo dell’Emilia. Perché oltre all’epopea epica di Link e dello strumento che ha una funzione terapeutica nel mondo illusorio (e consolatorio) della terza dimensione dei videogiochi, anche la creatività del genio di Busseto ha un ruolo centrale nella storia dell’ocarina e nel suo nomadico viaggiare tra consumo e accademia.  Le prime partiture per lo strumento, infatti, furono scritte proprio per eseguire le pagine più celebri del compositore, una tra le più rappresentate dai “settimini” (così si chiamano le formazioni tradizionali di ocarinisti) era, ne Il trovatore, il Duetto tra il Conte di Luna e Leonora. Così, ben prima di Zelda e del suo episodio The Ocarina of time, il suono dell’ocarina ha esaltato una vera vocazione eroica, ha accompagnato la nascita e la definizione dell’identità nazionale, facendo da colonna sonora all’Italia risorgimentale alle speranze di un popolo. Come solo la musica sa fare.

Pierfrancesco Pacoda